Con la sentenza n. 41736 (udienza del 30.05.2019), le cui motivazioni sono state depositate lo scorso 10 ottobre, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno per la prima volta consentito una sorta di rischiosa apertura all’importante principio stabilito dal nostro codice di procedura penale: il giudice che procede alla deliberazione finale, a seguito del dibattimento, deve essere lo stesso che ha disposto l’ammissione della prova, e ciò, appunto, in virtù dell’importante principio dell’immutabilità del giudice stabilito dall’art. 525 c.p.p. (alla deliberazione devono concorrere a pena di nullità assoluta gli stessi giudici che hanno partecipato all’assunzione delle prove in dibattimento); nondimeno – e qui sta la deroga – i provvedimenti in tema di ammissione della prova si intendono confermati se non espressamente modificati o revocati: a seguito della rinnovazione del dibattimento, il consenso delle parti alla lettura degli atti assunti dal collegio in diversa composizione non è necessario quando la ripetizione dell’esame, già svolto dinanzi al giudice diversamente composto, non abbia avuto luogo in mancanza di richiesta della parte che ne aveva domandato l’ammissione oppure perchè non ammessa o non più possibile.
È evidente che una tale deroga all’obbligo di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, attiene, principalmente, al principio di immediatezza della prova, a sua volta strettamente correlato al principio di oralità della prova, che vogliono che sia il medesimo giudice persona fisica che ha assunto le prove in dibattimento a decidere.
L’immediatezza tutela la diretta percezione da parte del giudice chiamato a decidere circa la responsabilità penale dell’imputato, della prova stessa nel momento della sua formazione (escussione del testimone), così da poterne cogliere tutte le sue sfumature espressive, verbali e para-verbali, attraverso le regole dell’esame incrociato: si tratta di fondamentali principi in tema di diritto alla prova (diritto di difendersi provando) che sottendono un modello dibattimentale fortemente concentrato nel tempo, sebbene nella prassi non sia sempre possibile attenervisi.
È per tale motivo che il tema del principio di immutabilità del giudice è stato contestualmente oggetto anche di una pronuncia della Corte costituzionale (sentenza del 29.05.2019, n. 132), che è stata resa giusto il giorno precedente a quello sopra indicato e che, pur dichiarando inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate con riferimento agli artt. 525 (immediatezza della deliberazione), 526 (prove utilizzabili per la deliberazione) e 511 (letture consentite) c.p.p., ha tuttavia lasciato aperta la possibilità per il leglislatore di introdurre ragionevoli eccezioni al principio di identità tra giudice avanti il quale viene assunta la prova e giudice che decide, e ciò in funzione dell’esigenza di salvaguardare l’efficienza dell’amministrazione della giustizia penale.
Scritto da avvocato Luisa Morelli