Numerosi avvocati, facenti parte della Progressive Lawyers Association, sono stati processati e condannati al carcere, colpevoli di aver difeso presunti oppositori politici e per questo considerati essi stessi una minaccia per il governo.
Dopo l’esito sfavorevole del giudizio di primo grado, gli imputati presentavano appello ma, in tale sede, la sentenza veniva confermata stabilendo condanne severissime, anche oltre i diciotto anni di detenzione.
La sentenza d’appello veniva pronunciata in aperta violazione dei più basilari principi in materia di diritto di difesa e di giusto processo: si impediva ai difensori di procedere a discussione in favore dei propri assistiti; tutti venivano costretti a lasciare l’aula al momento della lettura del dispositivo; si giungeva al giudizio di colpevolezza sulla base di dichiarazioni rilasciate da testimoni rimasti anonimi, non sottoponibili a controesame, nonché di prove documentali dall’origine incerta.
La Corte regionale di Istanbul confermava quindi le condanne a carico degli imputati al termine di un processo fittizio, privo di un reale dibattimento e senza valutare le prove a loro favorevoli perché preventivamente respinte dal Collegio ancor prima che fossero presentate.
I condannati presentavano quindi ricorso alla Corte Suprema, presso la quale il procedimento è al momento pendente, nella speranza di veder riconosciuti i propri diritti.
Ed è proprio alla Corte Suprema che l’Organismo Internazionale degli Avvocati (O.I.A.D.), insieme al nostro Consiglio Nazionale Forense, da tempo impegnato in difesa degli avvocati turchi, ha manifestato la propria solidarietà verso questi ultimi, rivolgendo un’istanza di intervento diplomatico del nostro Governo presso il Governo turco, sottoscritta anche da moltissimi di noi iscritti ai diversi Ordini nazionali, volta all’immediata liberazione degli avvocati ingiustamente detenuti.
L’incolumità degli avvocati turchi è messa in ulteriore pericolo dalla pandemia tuttora in corso: nel carcere di Silivri in cui sono ristretti vi sono le condizioni ottimali per la diffusione del virus Covid-19, date le enormi dimensioni della struttura, il sovraffollamento dei detenuti e le scarse condizioni igieniche in cui sono costretti a vivere.
Inoltre, la situazione è aggravata dal fatto che i colleghi detenuti sono attualmente in sciopero della fame, in segno di protesta e a riprova della determinazione con cui difendono i propri ideali, cosa che compromette le loro condizioni fisiche già precarie.
L’avvocatura italiana, supportata dal Consiglio Nazionale Forense, esprime pertanto la propria preoccupazione per le sorti dei colleghi turchi e si impegna affinché non si abbassi l’attenzione sulla vicenda fino a che non si giungerà alla loro liberazione che ci auguriamo sia quanto più immediata.
Scritto da avvocato Luisa Morelli, in collaborazione con la dott.ssa Elisa Bettoni