Uno dei nostri giovani assistiti si trova a rispondere del grave reato di tentata estorsione, per aver posto in essere, da minorenne, attraverso una telefonata anonima, atti idonei e diretti – secondo il capo di imputazione che gli è stato elevato – a farsi versare il “pizzo” della vendita di un immobile, minacciando il proprietario che in caso contrario l’avrebbe fatto danneggiare.
All’udienza preliminare tenutasi avanti il Tribunale per i Minorenni di Brescia, il giovane, spiegando che voleva solo essere uno scherzo telefonico, ha riconosciuto di aver sbagliato e di aver agito con estrema superficialità, senza essersi reso conto che dal punto di vista dell’anziano interlocutore le sue parole suonavano invero gravemente minacciose. Si è pertanto detto motivato ad un percorso di messa alla prova tagliato su misura su di lui, se del caso anche attraverso l’istituto della mediazione penale minorile.
E così, in piena emergenza Covid-19, il fascicolo del nostro giovane assistito arriva sul tavolo dell’Ufficio di Mediazione Penale Minorile di Brescia, che, con grande senso di responsabilità, non si lascia fermare dall’obbligo di distanziamento sociale cui siamo tutti sottoposti in questi giorni, ma contatta telefonicamente l’interessato proponendo un primo incontro congiunto, naturalmente con videochiamata WhatsApp.
È l’ottocento trentasettesimo dei fascicoli che il Tribunale per i Minorenni di Brescia ha deciso di inviare all’Ufficio di Mediazione, attivo a Brescia ormai da dieci anni.
È infatti il Tribunale che, quando ne reputa sussistenti i presupposti, propone la mediazione penale minorile e decide di inviare “il caso” alle mediatrici penali.
La mediazione penale minorile si risolve, in sostanza, nell’incontro tra l’imputato e la persona offesa dal reato, che si presume possa portare a qualcosa di buono per entrambi: da un lato, il giovane imputato ha la preziosa opportunità di riconsegnare un’immagine diversa di sé rispetto a quella che gli deriva dal reato che gli viene contestato; dall’altro, la persona offesa, se decide di accogliere l’invito alla mediazione, ha l’occasione per capire il gesto che ha denunciato, ha modo di farsi ascoltare: le persone offese hanno molto più spesso bisogno di essere ascoltate che di essere risarcite!
Il primo step della mediazione consiste nel contattare l’imputato chiedendogli se aderisce al progetto di mediazione con la persona offesa. Si tratta, è evidente, di un consenso vero, genuino, autentico: il giovane dev’essere disponibile a mettersi in gioco, ad ascoltare l’altro, ci deve credere!
Solo in caso di consenso dell’imputato, l’Ufficio di Mediazione Penale Minorile contatta la persona offesa che, a sua volta, potrà liberamente decidere se aderire oppure no: neppure per la persona offesa, nella maggioranza dei casi, è scontato né semplice aderire ad un percorso di mediazione con la persona che ha posto in essere un fatto illecito nei suoi confronti…
Nel caso in cui entrambe le parti accettino la mediazione, è importante sapere che tutto ciò che succede nello spazio e nel tempo che vengono loro offerti, in modo assolutamente gratuito e in un contesto altamente confidenziale (niente a che vedere con le formalità del processo penale), fondamentalmente per chiarirsi reciprocamente, è assolutamente riservato: il Tribunale per i Minorenni, terminata la mediazione, saprà soltanto se l’esito sarà stato positivo (c’è stata l’occasione per le parti per chiarirsi ed è stata raggiunta appieno quella finalità rieducativa che caratterizza l’istituto) ovvero negativo (per le più svariate ragioni, che restano sconosciute all’Autorità Giudiziaria, non si è giunti ad un punto di incontro tra le parti).
Nel caso che ci occupa, ciò che più interessa al Tribunale per i Minorenni, nell’ottica di rieducazione propria di questi processi, è un accompagnamento del ragazzo ad apprezzare l’impatto delle proprie azioni sugli altri, specie se persone vulnerabili a causa dell’età.
Il primo step è stato positivamente superato, seppure con le particolarità del momento: il nostro giovane assistito ha accolto con entusiasmo la proposta della mediazione, mettendosi completamente in gioco con grande senso critico, pur senza partecipare di persona ad un incontro con le mediatrici, ma “accontentandosi” di conoscerle solo attraverso il piccolo riquadro della chiamata WhatsApp nel suo cellulare…
Ora non resta che vedere se anche la persona offesa accetterà questa particolare forma di risarcimento che, se messa in atto nei modi giusti, può dare molto ad entrambe le parti!
Scritto da avvocato Luisa Morellii