Il c.d. populismo penale non è frutto di recenti atteggiamenti del legislatore, ma di una prassi ormai consolidata. All’«emergenza» si risponde con leggi frettolose volte a tamponare la ferita causata dal reato ai danni della società o, almeno, a far credere che questo sia l’obiettivo.
Ciò che accade, invece, diverge di molto dal risultato sperato e contribuisce al già diffuso “disordine normativo”, unitamente alla violazione di alcuni principi fondamentali del nostro ordinamento.
Una necessaria riflessione, a qualche anno di distanza dall’avvento della legge n. 69/2019 (Disposizioni in tema di violenza domestica e di genere: c.d. “Codice Rosso”) e all’indomani dell’introduzione del c.d. “nuovo Codice rosso” (legge n. 168/2023), riguarda il rapporto tra queste modalità di gestione dell’emergenza e la presunzione di innocenza sancita dall’art. 27, comma 2, Cost.
L’obiettivo – sperato – delle modifiche in esame si può riassumere nel concetto di prevenzione. Il legislatore, infatti, si è concentrato sul rafforzamento e sull’introduzione di misure idonee ad evitare che la violenza domestica si traduca nel suo più tragico epilogo.
In primo luogo, è stata estesa dalla novella la nozione di violenza domestica (definita dall’art. 3, D.L. n. 93/2013), nella quale sono ora ricompresi i casi in cui i comportamenti violenti siano commessi in presenza di minorenni. Tale modifica rileva in ordine alla misura dell’ammonimento da parte del Questore. La l. 168/2023, infatti, oltre ad ampliare la nozione di violenza domestica, ha esteso l’ambito di applicazione della misura di prevenzione in esame.
È stata introdotta anche un’aggravante per il caso in cui il fatto venga commesso nello stesso ambito da un soggetto già ammonito e anche nel caso in cui la persona offesa sia diversa da quella per la quale è stata adottata la misura preventiva.
Bisogna soffermarsi inoltre sull’introduzione della “vigilanza dinamica”, che consiste nella possibilità per le forze dell’ordine di avvisare il Prefetto nel caso in cui si reputino sussistenti situazioni di concreto e rilevante pericolo per l’incolumità delle persone offese. Tale segnalazione ha come finalità l’adozione di eventuali misure di vigilanza dinamica, ma può essere anche disposta una sorveglianza in forma mobile da parte delle stesse forze dell’ordine presso i luoghi frequentati dalle persone offese.
L’art. 3 l. 168/2023 si sofferma, poi, sulla necessaria celerità della trattazione dei processi aventi ad oggetto i reati contemplati dal Codice rosso, che avranno sempre priorità nella trattazione. Anche l’eventuale fase cautelare deve assumere, per il pubblico ministero, carattere prioritario.
A tal fine, sono stati stabiliti termini più stringenti per la decisione sulla sussistenza dei presupposti per la richiesta di applicazione delle misure cautelari.
L’art. 9 della novella si occupa poi di inasprire le pene previste per i reati di cui agli artt. 387 bis e 388 c.p. i quali sanzionano la violazione delle misure cautelari ad hoc introdotte dalla l. n. 69/2019 (allontanamento dalla casa familiare e divieto di avvicinamento alla persona offesa).
Il legislatore ha altresì introdotto una ipotesi di arresto in flagranza differita che si applica agli stessi delitti, unitamente a quelli di maltrattamenti contro famigliari e conviventi o di atti persecutori. Vale precisare che l’art. 382 bis c.p.p. contiene una nozione di flagranza che comprende quella di flagranza impropria, ampliando così i casi di applicabilità.
Nell’ambito della misura precautelare dell’allontanamento dalla casa famigliare di cui all’art. 384 bis c.p.p. è stata introdotta la possibilità dell’intervento tempestivo del PM quando l’urgenza non permette di attendere il provvedimento del giudice. L’applicabilità è subordinata alla sussistenza di fondati motivi di reiterazione delle condotte descritte dagli artt. 387 bis, 572, 582 e 612 bis c.p. La misura può essere eseguita in assenza della convalida del giudice, la quale deve pervenire comunque entro le 48 ore successive.
La l. 168/2023, inoltre, rafforza le misure cautelari. L’art. 275 bis comma 1 c.p.p., infatti, vede una prima modifica nell’introduzione dell’imposizione in capo alla polizia giudiziaria in ordine all’accertamento della fattibilità tecnica dell’utilizzo dei mezzi elettronici (cd. “braccialetto elettronico”) quando il giudice lo ha prescritto unitamente alla misura degli arresti domiciliari, dell’obbligo di allontanamento dalla casa famigliare o del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla p.o.
In conclusione, e sempre nell’ottica di una efficace e concreta prevenzione dei reati rientranti nel c.d. Codice rosso, la novella ha poi aumentato i casi in cui la polizia giudiziaria deve informare la persona offesa in ordine alle modalità di tutela che ha a disposizione.
La riflessione proposta in merito al rapporto tra la normativa appena analizzata e la presunzione di innocenza porta a constatare una prevalente esigenza di tutela delle persone offese. La maggior parte delle modifiche introdotte dalla l. n. 168/2023 comportano automatismi in linea con un diritto penale dell’autore invece che dell’evento, come dovrebbe essere. Vengono, inoltre, rafforzati strumenti repressivi dotati di una finalità pre-sanzionatoria, in un momento del procedimento in cui la sanzione non ha ragion d’essere e, anzi, non è proprio legittima.
Scritto dall’avv. Luisa Morelli e dall’avv. Camilla Riefoli.