“Solo la libertà e l’indipendenza dell’avvocato consentono che la richiesta di
giustizia abbia un seguito.”
È con questa frase che, martedì 24 gennaio, in occasione della Giornata Internazionale degli Avvocati in pericolo, l’avvocata Valeria Cominotti ha aperto l’interessantissimo convegno organizzato dall’Ordine degli Avvocati di Brescia, per illustrare, attraverso una serie di interventi, la situazione critica che stanno vivendo i nostri colleghi avvocati in Turchia.
Protagonista dell’incontro, come detto, è stata la Turchia, un paese tanto bello quanto mal gestito, già protagonista dei nostri blog. Un paese che, come spiegato più che esaustivamente dal prof. Vittorio Emanuele Parsi, sta vivendo in un vero e proprio regime dittatoriale, in cui gli oppositori al regime – e non solo – vengono zittiti, picchiati, arrestati.
È proprio in questa orrenda cornice che si inseriscono gli avvocati. Avvocati chiamati a difendere i diritti degli oppositori e che, per questo motivo, sono considerati loro stessi oppositori.
Dal 2013, infatti, ventidue avvocati turchi sono perseguitati in nome di una legge antiterrorismo, in forza della quale se difendi un sospettato terrorista, sei certamente un terrorista. Quattro avvocati sono tuttora detenuti, una, Ebru Timtik, – ricorderete – è morta il 27 agosto 2020 a seguito di uno sciopero della fame di 238 giorni, messo in atto per protestare contro le gravi violazioni dei diritti umani (v. nostro blog del 1.09.2020).
L’avvocato Fausto Pelizzari ci ha spiegato come, tramite l’Osservatorio OIAD, lui, l’avvocata Adriana Vignoni e l’avvocato Antonio Fraticelli, insieme ad altri colleghi provenienti da tutto il mondo, hanno avuto l’opportunità di assistere alle udienze tenute nel processo a carico dei quattro Colleghi turchi.
In particolare, l’avv. Pelizzari ci ha raccontato scenari impressionanti in cui ogni principio del giusto processo, ogni diritto, è stato abbandonato. Ci è stato raccontato di come la magistratura sia corrotta dal potere politico, delle prove inesistenti che hanno legittimato gli arresti.
Gli imputati parlavano ai giudici per ore rivolgendo loro frasi pesanti come pietre, come: “quando condanneranno voi, libereranno noi”. I giudici, di contro, schiavi del sistema, non li ascoltavano, non rispondevano.
Certi di una condanna, i Colleghi non si sono mai lasciati intimorire. In ogni udienza hanno ribadito instancabilmente le loro ragioni. Hanno tutti lottato per i loro diritti e per quelli dei loro assistiti. E, rinchiusi in un carcere di venticinquemila persone, continuano a lottare.
Condannati senza prove a pene altissime, la loro unica speranza è che il mondo venga a conoscenza di un tale scempio e che, tramite noi tutti, la giustizia per i diritti riprenda il suo corso.
In ultimo, il Prof. Roberto Cammarata ha dato conto del ruolo importantissimo che devono avere le istituzioni locali. Infatti, è tramite la promozione dei diritti e delle libertà, lo svolgimento delle funzioni di pedagogia civile, il sostegno alle attività di cooperazione sociale e la diplomazia degli enti locali, che si può contribuire a salvare la giustizia.
“Usate la vostra libertà per aiutarci ad ottenere la nostra” – Auung San Suu Kyi, Premio Nobel per la Pace 1991.
scritto da avv. Luisa Morelli e dott.ssa Ilaria Cesaro