Un tempo in sospeso questo, che ci costringe ad una pausa forzata dal nostro lavoro nelle aule dei tribunali, che non vediamo l’ora di riprendere, naturalmente dal vivo, “con la toga sulle spalle e sul cuore”, ma che non deve restare tempo vuoto nè tempo perso: ne abbiamo approfittato per leggere questo bel libro scritto “a sei mani”.
Anche quest’opera è commentata (come il precedente libro che Vi abbiamo presentato nel nostro blog) dal brillante Dott. Francesco Mauro Iacoviello, che ne cura la postfazione e che così presenta i tre autori: “studiosi di valore, con severi studi e vaste esperienze alle spalle”.
Uno dei tre autori, infatti, è Antonio Forza: noto avvocato penalista del Foro di Venezia che è, insieme, docente di Psicopatologia e Neuropsicologia Forense all’Università di Padova.
Come scrive Iacoviello, è questo un libro che ci dà alcune conferme e che nello stesso tempo ci apre nuovi orizzonti. La prima conferma è che tutte le decisioni giudiziarie vengono prese in un contesto di razionalità limitata: il giudice infatti ha a disposizione per il proprio decidere informazioni spesso manchevoli e sempre controvertibili.
E allora la logica che governa le decisioni del giudice non può essere quella dimostrativa, ma piuttosto quella induttiva, cioè la logica dell’ipotesi: c’è sempre un’ipotesi (il capo di imputazione) e sempre si tratta di valutare la sua probabilità logica in base all’evidenza disponibile (ossia in base alle prove che ciascuna delle parti porta dinnanzi al giudice).
In questa valutazione, di prove e argomenti, le emozioni del giudice si fanno sentire: non possono restare separate dalla ragione del giudice. Ed è allora questa la vera novità che ci introduce il libro: non c’è ragione senza emozioni; neppure nella decisione che deve prendere il giudice al termine del processo penale.
Sappiamo che le emozioni possono produrre gravi e scivolose fallacie del ragionamento (e avremo in questo caso “emotività devianti”, dalla cd. tunnel vision a tutti quegli stati mentali e a quei biases, vere e proprie trappole cognitive, che conducono all’errore giudiziario), ma – ci spiegano gli autori – le emozioni possono avere anche una funzione positiva perchè possono far meglio capire il fatto.
Il fatto ha più dimensioni: la ragione riesce a comprendere gli strati più superficiali, ma è solo l’emozione, l’intuito che è in grado di penetrare negli strati più profondi del fatto.
E’ questo ruolo fondamentale delle emozioni il vero tratto di novità che ci consegna questo libro: il ruolo delle emozioni del giudice nel capire il fatto e nel cercare la verità sotto la superficie.
Il tema centrale di questo libro, quindi, sono le emozioni come componente essenziale del ragionamento logico e della decisione giurisdizionale; le emozioni del decidente nella loro funzione cognitiva insostituibile.
E le emozioni del giudice non possono che scaturire dal principio di oralità e dal contradditorio tra le parti: è infatti nel contradditorio che viene dato largo spazio alle emozioni, che da ciascuna delle parti, passano al giudice, il “Giudice emotivo”, appunto.
Scritto da avvocato Luisa Morelli